venerdì 5 ottobre 2012

W I NONNI!


Martedì è stata la loro festa, e trovo davvero che sia una delle ricorrenze più azzeccate del calendario. Sto parlando della giornata dei nonni. Quelle persone meravigliose con cui i più fortunati hanno avuto la possibilità di diventare grandi. A me restano quelli materni, ma ho avuto modo di conoscere anche quelli dalla parte di papà. Non sono stata una di quelle bambine che stavano con i nonni tutti i giorni da dopo la scuola fino a cena, e nemmeno sono mai stata parcheggiata da loro nella prima infanzia. Ma ho accumulato tanti di quei bei ricordi che forse un’assidua frequentazione non mi avrebbe permesso di mantenere così vividi e distinti nella memoria. I nonni ti fanno sentire una principessa, ti super viziano con regali e mancette sottobanco ad ogni età, quelle “bustarelle” che iniziano il battibecco con i genitori: “ridalli alla nonna”-“ma me li ha dati lei!”-“non importa, sai che non devi accettare”. E allora le trattative sugli extra-paghetta si conducono in segreto, lontano dagli occhi della “mamma-finanziere”. Quella Barbie che tanto vorresti, e che dovresti aspettare fino a Natale,  diventa tua con un paio d’occhiate tipo cucciolo di foca e una fuga pomeridiana con la nonna al negozio di giocattoli. Che festa poi quando il giovedì (giorno di visita della nonna Mariuccia) la si trovava a colazione che ti aspettava. Il nonno la lasciava da noi “sulla via per la fabrichètta” alle 7 del mattino e lei ti guardava fare colazione (e se c’erano gli special K allo yogurt sul tavolo, si pescava tutti quelli ricoperti). Il giorno del parrucchiere poi, da piccola, per me era una meraviglia, perché il salone destinato ad acconciare mamma e nonna era a Bergamo. Quindi a casa da scuola e gita fuoriporta con tanto di godurioso pranzo con focaccia calda con crudo e fontina al solito bar. Sì, perché le nonne sono anche sinonimo di “parentesi culinaria” settimanale. E allora via a gnocchi alla romana ordinatamente schierati e lucidi di burro, a succose e filanti parmigiane di melanzane (tutto in rigorosa doppia porzione, una da congelare per i momenti di magra). E il prosciutto crudo “speciale del Paolo”, la focaccia della Lori, la prestinaia di Milano 2, i suoi tortelli e le chiacchere a febbraio, quando uscivi da scuola che l’aria sapeva già un po’ di primavera e zucchero a velo… un fantastico e soddisfacente sbriciolare sul sussidiario mentre sbocconcellavi le delizie carnevalesche, tra una rivolta dei Babilonesi e una bonifica delle paludi sumere. E fare piccole impronte di unto sul Pigna cento mentre ti destreggiavi tra un tortello e un’equazione. E dopo i compiti? Beh, le attività pomeridiane si sono evolute con la crescita. Io e mia nonna per anni abbiamo passato i pomeriggi a giocare a pallamano. Poi con le palline di gomma che rimbalzano. Poi a pallavolo con i palloncini reduci di qualche festa di compleanno, che saltellavano per casa fino ad aver raccolto un accettabile quantitativo di polvere per poi sparire misteriosamente. Insomma, il fil rouge è sempre stata la palla, perché è un gioco che permette di chiacchierare e raccontarsela. Perché le nonne sono grandi ascoltatrici, e la mia oltre che un gran cuore ha davvero un gran paio d’orecchie che, con tutto il mio ciaccolare ininterrotto, devo aver notevolmente messo alla prova. Poi crescendo siamo passate per la fase dei giochi da tavolo. E lì era guerra tra “Memory” e “Uno”. Ho ancora qualche foglio segna punti in giro. L’ultima fase è stata quella del riordino. Si chiacchera sempre, ma intanto si puliscono i pennelli e le spugnette del trucco, si fa pulizia nel guardaroba, si censiscono gli accessori e si scandiscono i quarti d’ora con esclamazioni del tipo “ma questo è doppio, quanta roba hai!? Passami il sacco nero-nonna no! quello mi serve!”. I nonni? certo ci sono anche loro. Ma i miei sono sempre stati dei gran lavoratori, i self made men del loro tempo, gli imprenditori imperturbabili con severi orari di lavoro. Intimorivano un po’, ma sono tuttora un esempio importante e fonte di continua ispirazione.


Poi si diventa grandi e i nonni li si vede sempre meno. Ci si dimentica quasi dei tempi in cui erano compagni di gioco, delle vacanze insieme, dei post pranzo a “Beautiful” e “Sentieri”, che pazienza se guardi una volta le settimana, la nonna fa sempre efficaci riassunti delle puntate precedenti. Gli si telefona ogni tanto. Niente di peggio, perché i nonni sono come le fate. Se smetti di credere in loro la loro luce si appanna, se non rispondi più al volo come da bambino con la frase “ma nonna, ma nonno tu non sei vecchio!”, allora cominceranno ad acciaccarsi. Quindi riscopriamo i nostri nonni, continuiamo a spettegolare con la nonna e questa volta magari cuciniamo noi per lei. La mia ha avuto una fase vegana (eccezion fatta per gli accessori in pelle, il salame, il salmone affumicato e la polenta taragna), e ora una bio-salutista. Questo ci ha avvicinate di nuovo, ci scambiamo opinioni, consigli e ricette.
Oggi vengono a pranzo, e ho pensato per loro un menu accattivante e vegetariano. Al caffè staremo sul divano a contarcela un po’. E se il nonno si addormenta, chissà che non riesca a giocare un po’ a palla con la nonna.

1 commento:

  1. Preziosissimi nonni! Peccato non esserne sempre consapevoli quando sono ancora con noi!

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