sabato 29 dicembre 2012

CAPODANNOFOBIA

Chissà perché la sera di Capodanno è convenzione sociale definire sfigati quelli che non fanno niente. E non cercate di dirmi che non è vero perché infondo in fondo, sebbene anche voi preferireste starvene a casa a vedere un film  mentre fuori si gela e gli aspiranti fuochisti generano il panico con i fuochi sparati ad altezza uomo, vi siete precipitati a prenotare l'ultimo posto al cinema pur sapendo che vedrete l'ultimo scempio di DeSica, piuttosto che a sfogliare l'agenda alla ricerca della festa di qualcuno a cui imbucarvi all'ultimo secondo. A Capodanno non è previsto si faccia qualcosa di banale, bisogna per forza salutare l' anno in grande stile, con la trovata originale. O meglio questo è quello che ci raccontiamo. Poi scopri che la maggior parte di amici e conoscenti si dà alla fuga in qualche chalet in montagna, in qualche rifugio alpino, in un bunker nella campagna francese, in un faro sulla scogliera norvegese. Proprio con il fine ultimo di sfuggire al rituale di san Silvestro.

Qualcuno cerca di trovare la scusa per evitare le piaghe da decubito da cenone, interminabili susseguirsi di portate del menù fisso del ristorante di turno, in cui camerieri, frastornati dal vociare di parenti, bambini sfiniti dall'attesa già dopo l' antipasto e urla in direzione di nonni mezzi sordi in coma iper glicemico da festività, cominciano a presentare tutta una serie di tic nervosi da fa temere la strage di San Silvestro.

C'è chi non riesce a sottrarsi alla festa in taverna dell'amico fraterno o del collega, di quelle dove tutti indossano il maglioncione comodo per nascondere uno stomaco prominente ormai provato da giorni di banchetti, quelle serate dove si esibisce un' accurata selezione di argomenti banali con persone che non vedi da una vita, quelle domande di cui sorridendo non si ascoltano le risposte.In sottofondo la compilation mal mixata del padrone di casa che si crede il dj Antoin di Barlassina. Quelle serate dove ognuno porta qualcosa e si scopre al momento di scoperchiare le teglie usa e getta che tutti hanno fatto le lasagne e sembra di essere al capodanno romagnolo. Che quando Barbara Durso dal televisore ti annuncia il 2013, tutti corrono fuori a fare a gara a chi si gioca per primo una falange con le miccette o centra la fioriera della vicina con un razzo.

La veglia in piazza, di quelle in cui ti domandi se prima di tornare a casa dovrai passare da Niguarda a farti asportare le dita dei piedi, quei pigia pigia in cui ti perdi gli ultimi tre conti del count down perché stai controllando che non di mettano le mani in borsa. Quelle veglie da cui porti a casa come ricordo un livido sul naso procuratoti dalla gomitata dell'invasato davanti a te che saltava con la bottiglia di spumante in mano. Che dopo esserti fatto largo tra il casino per tornare a casa, scopri che no, non te l hanno svaligiata, ma il cane in preda al panico da botti si è trasformato in un tornado peloso dandoti una buona ragione per non restare a letto tutti l'1.

La cool disco serata al club. Di quelle dove paghi uno sproposito per la prevendita, prendi un tavolo in 46 e ne conosci solo 15. Hai incluso un buffet di 4 salti in padella che risulterà inavvicinabile e abbastanza consumazioni da dimenticare il mal di piedi, la tipa strizzatissima con l' intimo rosso in vista che praticamente si sta facendo il tuo ragazzo in mezzo alla pista, e assicurarti un primo dell'anno abbracciata al water a vomitare.

La serata a teatro, di quelle dove fai una cena frugale sapendo che poi al ritorno potrai riscaldarti l' avanzo di cotechino con le lenticchie messo da parte il 25. Consegni al guardaroba un soprabito che dovresti riuscire a ritirare per le 16.00 del giorno dopo e ti godi lo spettacolo che si trascina fino alla mezzanotte, trovandoti ad applaudire gli attori per 45 minuti per tirare l'ora di un educatissimo e contenutissimo brindisi durante il quale stringi convulsamente la flùte con le mani formicolanti.

Date le premesse, io opto per il faro norvegese...e voi?




lunedì 24 dicembre 2012

AUGURI E GNAM GNAM STYLE

Inizia sta sera con la cena del veglione la maratona culinaria 2012: 24-25-26, avanzi fino al 31-1 e ancora avanzi fino al 7. Tutti pronti, indossate pure una comoda tuta di acetato dorato o in chicchissima ciniglia trafilata d'argento: l'importante è che l'elastico dei pantaloni sia morbido e che la felpa coordinata abbia la zip o i bottoni.



Iniziamo con la "cena di magro del 24". Il 23 mattina, le pescherie sono gremite di coloro che per tempo hanno ordinato ostriche e astici, capitoni e capesante. Le macellerie sono teatro di risse tra chi si è accampato alle 7 fuori dal negozio per ritirare l' arrosto e chi accampa scuse per superare la fila (non ci sono precedenze per età o classe sociale, domiciliazione in centro o viaggio di 45 minuti per essere serviti proprio da quel macellaio. E una guerra, e in guerra siamo tutti uguali). Dalla gastronomia pretenziosa di Peck e Rossi e Grassi, fino al banco piatti pronti dell'Esselunga, vengono distribuite a migliaia tartine con uova di lompo e storione, gamberetti e mazzancolle, tutte incorniciate da rivoli di maionese e ben sigillate sotto uno strato di tremolante gelatina (e io mi chiedo che fine facciano tutte le croste del pane bianco. Pan grattato per il prossimo lustro?).
Nelle case, donne armate di buona volontà si legano a vicenda il grembiule da cucina e legano una bandana attorno alla fronte, si fanno due righe sul viso come gli All Blacks con il nero di seppia e cominciano.
L'astice. Con Il gioco della paglietta si tira a sorte chi dovrà buttarlo vivo in pentola a bollire con lo spirito natalizio fino alla morte (lo stesso giochino poi verrà fatto per chi dovrà portare al pronto soccorso l'ospite che non regge la botta di colesterolo del cenone di magro).
Cala il silenzio al momento di fare la maionese (ma se impazzisce ogni donna sana di mente ha in dispensa un pratico barattolo Calvè).
Linguine allo scoglio, con il profumo di aglio e prezzemolo e scorza di limone che danzano per le stanze aggrappandosi ad ogni tessuto, pomodorini datterino che esplodono in padella in un fuoco d' artificio di semini che si seccano ed incastonano sulle piastrelle o il marmo dietro il piano cottura. E nel cassetto la tovaglia buona che già teme il nonno che armeggia con la vongola che non si è ben aperta, finendo con il battezzare la biancheria da tavola e il commensale seduto di fronte (ben bardato perchè reso scaltro dalle vigilie precedenti).
A seguire il capitone. Fritto e in salamoia, in umido o farcito, marinato o addirittura crudo alla giapponese. Per chi non è rimasto traumatizzato dal vederlo danzare senza testa in macabre giravolte nel celebre balletto finale "La morte del capitone".
Vuoi non terminare con il panetun, il primo aperto di una lunga serie che arriva a contarne 10 per famiglia da Natale a san Biagio? Senza contare quelli che lasciano insoddisfatti perché gnucchi o secchi o bruciati, che vengono serbati per essere trasformati in zuccotti, semifreddo, o basi per cheesecake al mascarpone, giusto per alzare il tono del canto delle coronarie. Pandoro? no grazie, concesso solo ai bambini molto piccoli che non si sono ancora accorti di essere milanesi, e agli ospiti inconvertibili extra lombarti. E venga colto dal mal di denti l' invitato che porta in dono il Panettone saint honorè, al limoncello o al profitterolles: il milanese piuttosto scarta i canditi e l' uvetta ma nel piatto mette el panetun.

Il 25 è tutta una sfilata di portate che inizia alle 12 e termina alle 16. Aprono le danze i sott'olio e i salumi, i patè e i canapè, accompagnati da pani ricchi di noci e pomodori secchi che " ma cara, pure il pane hai fatto?"-"ma certo che ci vuole, praticamente si fa da solo!"(che se il panettiere si chiama almeno come te puoi sentirti meno in colpa con la bugia detta alla suocera che finalmente approva qualcosa che fai). Fermi tutti, arriva il cappelletto in brodo, nella pirofila di famiglia in ceramica dipinta. E la nonna con falsa modestia incassa i complimenti esagerati per quei sassolini al prosciutto che con amore e mano tremula sono stati annodati da terrorizzati nipotini dalle ditina fini sotto lo sguardo da generale dell' amata nonnina.
Suonino le trombe, arriva il cappone accompagnato dalla tacchina, entrambi ben farciti ad annunciare agli ospiti come si sentiranno al momento della tombola. E l' uomo di casa, reduce di un' intensa seduta di tutoria su you tube sulla perfetta esecuzione del taglio del volatile, non trema nemmeno un po' sotto l' occhio giudice del suocero e del cognato chirurgo. Si allontana in fretta però nel momento in cui inizia la battaglia per le fette ben ripiene, lasciando ai più lenti i tagli succi aridi di puccia.
Spolverati i volatili, ecco che una girandola di mostarde annuncia l'arrivo in poppa magna del lesso, in tutte le sue parti. E mentre i bambini scappano terrorizzati davanti a quella gonfia lingua biancastra e tua cognata si dilunga disgustata sull' odore del bollito che le ricorda quando andava dalle suore, ci si accorge che la coulisse dei pantaloni è già tirata fino al nodo.

Breve pausa per sparecchiare e riesumare una tombola tutta impolverata, con dentro le lenticchie secche che anno dopo anno vengono usate per segnare le cartelle ( che scivolando amabilmente sul cartoncino ad ogni respiro finiscono a completare terne e quaterne di dubbia sincerità). E in palio ci sono i regali più brutti anche di Natali precedenti (attenzione a controllare bene che il donatore non stia partecipando al gioco). Ad accompagnare la sfida una ciotola star colma di frutta secca (naturalmente da rompere in modo da trovare pezzetti di noce fino a Ferragosto), taglieri di formaggi con marmellate, piatti di frutta esotica che oggi troviamo tutto l' anno, dagli alkikinger, ai litchis, all' ananas.
A coronare il tutto, panettone, torrone e creme al mascarpone, praline, caffè e liquore.

Anche se ormai questi pasti pantagruelici hanno perso di senso, perché in qualunque momento dell'anno possiamo mangiare salmone affumicato, patè, frutta tropicale e polli arrostiti, è sempre bello trovare una scusa per sentirsi raccontare di quando il Natale era scambiarsi mandarini e cavallini di carta pesta, era mangiare nel salone e nel tinello, pulire l' argenteria con la mamma, mettere le candele in tavola, mangiare la cioccolata a colazione. Cerchiamo di tenere vivo lo spirito familiare, di fare sì che il cibo non sia solo cibo ma lo spunto per raccontare, ricordare. E con un occhio alla salute, al portafogli e agli sprechi. Perché se culinariamente per noi è Natale tutto l' anno, c'è ancora una moltitudine di bambini che un cioccolatino se lo fanno durare mezza giornata per paura che finisca subito.

E voi siete pronti? Cosa porterete in tavola?


venerdì 21 dicembre 2012

VITTIME DEL COUNT DOWN

Si avvicina il 25 e la febbre sale. Rimanda rimanda e alla fine ecco che si realizza che non c'è più tempo. In ufficio bisogna cominciare a chiudere i progetti, poi ci sono i vari apericena, le recite dei figli e il week end prima di Natale diventa l'ultima spiaggia per finire le compere.

Facce sconvolte e allucinate girano per il centro quasi danzando al ritmo delle carole suonate dagli artisti di strada, che si mescolano alle musiche che escono dai negozi creando una colonna sonora da incubo. E la magica atmosfera che si voleva creare in realtà cozza terribilmente con l' umore di chi si fa spazio nel pigia pigia in galleria o sotto i portici. Che poi non ci si mettono solo le hit bag dimensione borsa cabina, i cappottoni, i piumini (spessi come trapunte), le pellicce (ricavate da 72cincillà sovrappeso), gli Ugg (che creano attorno alla persona uno spazio isolato che, se tornassimo a mettere scarpe di dimensioni normali, probabilmente ci staremmo tutti sotto i portici a riparo dalla pioggerellina arriccia capelli). Il fatto è che il tempo residuo per lo shopping è inversamente proporzionale alle dimensioni dei pacchi che la gente usa come scudo sfollagente per raggiungere il negozio successivo. E allunghi il collo sopra il fiume di teste di lana davanti a te, stimi quanti passi mancano all' insegna dello store di destinazione, e ti reimmergi nel marasma cercando di scrollarti di dosso lo zingaro di turno o il senegalese con tutti i suoi libretti (e alla fine gliene compri 12 mentre cerchi di capire perché abbia scelto proprio te tra tutti, accorgendoti che in realtà ognuno nella folla ha attaccato un vu cumprà).
Finalmente riesci ad aggrapparti con le dita congelate che faticano a far presa, alla maniglia del pesantissimo portone della Rinascente, sotto lo sguardo divertito del buttafuori che gli venisse un ernia se ti aiuta, e mentre ti sembra di riuscire a tirare il fiato, vieni investito da un aria calda tipo fornace e da un tornado di profumi che fanno a gara con quello di Abercrombie. E mentre Michael Boublè canta le note parole dei canti della tua infanzia, ti metti in coda al pian terreno fissando una scala mobile che sembra sempre più lontana, carica di gente che cerca di destreggiarsi tra i pacchi e l' impellente desiderio di liberarsi della giacca di montone e cachemire, mentre sente le orecchie andare a fuoco. Le spruzzatrici senza pietà, belle fresche con le loro magliettine a maniche corte, ti riempiono di colonia che quando arrivi a casa ti senti la vecchia signora che prendeva il the con tua nonna, e sei sempre più confuso su quello che eri venuto a prendere, e ripeti mentalmente la lista di amici e parenti sforzandoti di trovare una qualunque offesa mortale che ti dispensi dall' acquistare un presente.
A metà del lavoro, decidi che ti meriti un caffè, una cioccolata, un' iniezione di eroina, qualunque cosa che ti dia la forza di continuare. Ma comprendi che non c'è bar a Milano dove sia possibile realizzare questo desiderio. La signora davanti al bancone sorseggia il cappuccio come fosse un giorno qualunque, sfruttando fino in fondo l' anticipo sul tuo arrivo e impedendoti di farti notare dal barista, che ormai è sordo a qualunque richiamo, ha impostato il pilota automatico e sembra Charlie Chaplin. Se  hai la fortuna di riuscire a farti servire, hai il 50% di possibilità di ustionarti l'intero tratto oroesofageo ingollando alla goccia mezzo litro di cioccolata bollente, e il 50% che l'altro signore in crisi d'astinenza dietro di te di dia un rusone per mettere la mano armata di scontrino sul bancone, facendoti rovesciare il sudatissimo cappuccino.
Nei negozi tipo Abercrombie, Brandy, Subdued e tutte le altre catene per adolescenti, vedi fidanzati e padri in crisi mistica, chi spoglia di nascosto i manichini che indossano l' ultima taglia del capo andato esaurito, signore che non si sentono più l' età per mettersi in coda tra le ragazzine insopportabilmente allegre e cacciarone che postano su facebook foto di loro in coda piene di buste e regali.
Ci sono amici super organizzati che si scambiano le liste per le fidanzate e i parenti, dividendo i doni per boutique e facendo ognuno la fila fuori i diversi punti vendita, armandosi di sacco a pelo se per sorte gli è toccato andare da Tiffany.
E il bello che i volti anno dopo anno sono sempre gli stessi, gli irriducibile dell' ultimo minuto, i martiri del 24.
A tutti loro non posso far altro che augurare buona fortuna. Menomale che Natale arriva una volta l'anno.

martedì 18 dicembre 2012

MAI DIRE MAYA

Tormentone da inizio anno, ecco che alla fine è arrivata la fatidica data della fine del mondo.


 21.12.2012.



C'è chi dice che siamo in ritardo sulla profezia Maya, chi invece aspetta titubante di staccare la pagina del calendario e scoprire che le ultime sono bianche.
C'è chi a gennaio ha direttamente strappato gli ultimi fogli dell' agenda, chi si è premurato di non prendere impegni importanti e chi ha messo dopo il 21 cene e incontri con persone che non vorrebbe vedere (rimpatriate scolastiche, il gastroenterologo per la colonscopia, l' amica bruttona delle medie che s sposa prima di te, il lontano parente a cui devi dei soldi).
Ci sarà qualche gruppo di invasati che, come in una puntata di C.S.I.. si riunirà in un bunker nel deserto del Nevada per brindare con una fiala di cianuro, nell'attesa dell' arrivo di strani individui dalla testa grande e gli occhi a mandorla (e non sto parlando dei nostri artigiani, sempre più oppressi dal made in China).
Il 21 sbarcheranno rassegnati e soddisfatti quelli che il 21 12 2011 hanno venduto baracca e burattini per fare una crociera di un anno intorno al mondo, per vederlo tutto prima della fine (e nel "malaugurato caso" il 22 fossimo ancora tutti qui, sarà meglio abbiano elaborato un piano B come agente di viaggio, o insegnate di geografia, o spero che abbiano scoperto qualcosa in qualche angolino remoto del pianeta che valga la pena di spacciare per scoperta storico-scientifica, facendogli guadagnare qualche mese).
Come la protagonista di Sophie Kinsella in "Sai tenere un segreto", temendo di essere alla fine, un sacco di persone riveleranno segreti e sentimenti, resi impavidi dalla certezza che il 22 dicembre non sarà il palcoscenico da cui ricevere le critiche entusiaste o meno al "Monologo della figura barbina". Finalmente grandi passioni verranno allo scoperto; la mamma scoprirà chi ha fatto strike con i suoi animaletti di cristallo; adolescenti "casa-e-chiesa" si strapperanno le polo ben stirate per rivelare intere scene di caccia alla volpe tatuate sulla schiena; manager dal piglio perennemente schizzato apprenderanno da euforici e stressatissimi assistenti che in realtà quella sul loro cappuccino scremato non era schiuma; fnalmente dopo 5anni il professore di matematica troverà l' autografo sulle gomme squarciate della macchina.
La rinsecchita signora per bene si fermerà dal primo porchettaio in vista vicino a san Siro, e si ungerà fino all'attaccatura della messa in piega divorando il grasso delizioso panino, il palestrato che ha vissuto di riso lesso e petto di pollo, entrerà con la foga dell' affamato da Cova, e ritirerà il più grande panettone di Milano (che è atteso a casa da una vasca da bagno piena di caffè latte in cui verrà immerso senza pietà). La deliziosa fanciulla dalla lunga chioma di angelici boccoli biondi, finalmente troverà il coraggio di prendere in mano le forbici e la macchinetta e, novella Yentol, opterà per il sempre sconsigliato pixy cut, pensando ad ogni "Zack!" al tempo perso per asciugarli e pettinarli.
Le Laboutin tanto desiderate usciranno finalmente dal negozio calzate dai nostri piedi grati di quest'ultimo dono, che magari già da tempo potevamo permetterci ma che avevamo rimandato per paura di spese improvvise (ma se si spacca la lavatrice il 21, sicuramente l'idraulico Mimmo il 22 non sarà lì a farci la ramanzina sulla' uso del Calgon).

Ed ecco la mezzanotte si avvicina, ogni rintocco del campanile taglia il fiato ad un mondo in silente attesa...." e se ho buttato via mesi di sollevamento pesi per strafogarmi inutilmente di panettone? Bhe dal 22 posso recuperare"-" L'abbuffata dal porchettaio in tailleur Armani? Oh beh, sarò risultata più simpatica a chi mi ha vista"-"Oddio le gomme del prof?I cristalli di mamma? Beh posso provare a spiegargli il mio punto di vista sul nostro rapporto conflittuale e ....no, meglio mettere mano ai risparmi e giocare d'anticipo"-"oddio e ora che sa che lo amo? le cose sono due, o convoliamo a nozze o mi sono tolta un peso e posso tornare su piazza"-"I MIEI CAPELLI!? Oh beh, ricresceranno, e intanto mi riprendo il tempo perso a starci dietro"-"Oddio cosa faccio con una rata del mutuo ai piedi?! Se la lavatrice si rompe, su E-bay di sicuro questo tesoro di tacco 12 non ci metterà molto a tramutarsi in un filtro nuovo e in una scorta a vita di Calgon".

Sono solo un po' in pensiero per quelli nel deserto con il cianuro...Oh beh, hanno ancora qualche giorno per ripensarci.

giovedì 13 dicembre 2012

BAMBINI NON SI NASCE, SI DIVENTA.

Finiti i tempi dei trenini di legno e dei cavalli a dondolo, delle case delle bambole (quelle belle bellissime di legno che magicamente permettevano di passare da un piano all'altro, da una stanza all' altra, volando dall' esterno come i vampiri di Twilight). Bambini e giocattoli non sono più quelli di una volta, o quasi.

E' impressionante come l'età dell' innocenza oggi finisca intorno ai 4 anni.

 E se da un lato aumentano i parental control oggi applicati anche all'aria che respiri, dall' altro ormai è impossibile impedire che piccoli occhi e orecchie vengano a conoscenza del pazzo pazzo mondo che ci circonda.
Oggi se non vai alle elementari con lo smartphone con l'app per le tabelline e le calorie della merenda non sei nessuno, se non fai il tema sulla' I-pad sei troppo indietro. Ma vi ricordate le sudate per imparare a scriver bene senza macchie con la stilografica che faceva sempre un dito blu, la cancellina con il pennino per la riscittura che puntualmente rendeva le lettere dai contorni un po' pelosi con il blu che si spandeva lento sul foglio umido? La calcolatrice permessa solo dopo la spiegazione della radice quadrata in quinta elementare e l' esame di quinta che oggi non c'è più?
E gli zaini Invicta con i delfini e i Seven in technicolor? l' Eastpack che quando è arrivato era la cartella da avere e l' HSL? Oggi è tutto un Gormito, un Ben10, e Barbie se la suda nel confronto con Hello Kitty sempre più ammiccanti da baby Lolita, o le sexy fatine di vario genere. O la borsa shopper in ecopelle che fa tanto Paris Hilton al liceo (sempre che l' abbia fatto).

Le merende sono cambiate, da bambine che a 8 anni già vanno di pinzimonio e yogurt magro perché "voglio fare la velina e la modella"(ma bimbe, anche quella che lo voleva fare nella pubblicità mangiava pane e philadelphia), a ragazzini che scrivono su internet di aver mangiato pera, parmigiano e albumi per "essere in zona", e al pomeriggio li vedi in palestra a sbruffoncellare con le kettel ball nel tentativo di ripetere i circuiti di LL Cool J visti sul "man's health" di papà. Addio a pane burro e zucchero delle nonne, alla macedonia banana e fragola, al toast con il cotto. Altrimenti all' opposto c'è quello che si piazza davanti a Facebook per chattare con i 986 amici, trincerato dietro a tubi di Pringles, aspettando il momento dell' uscita pomeridiana con la "compa" per andare al Mac o dal kebbabbaro.



Le bambine decidono già a 11 anni che senza fondotinta non possono farsi vedere, e vedi i bei visini ancora freschi dell' infanzia, prendere quel color pantone "terra di Siena". Una bella passata di ombretto con il rullo, un tuffo nei glitter ed ecco qua, pronte a sfoderare il miglior sorriso per il buttafuori di un qualunque locale passando bellamente per sedicenni, con i tacchi e i tubini in lurex di Tally Waill, la camminata da Belem e gli stecchetti delle veline ben impressi nella memoria e l' atteggiamento da finta sbronza di Jersey shore. Anche io ho fatto il periodo "pancia nuda in tutte le stagioni", ma erano due tre dita di pelle in vista( e se ci penso oggi mi chiedo come facessi a non e vere sempre la schiena bloccata). Lo smalto trasparente l'ho sperimentato alle medie e il trucco con il liceo ( e non vi dico che belle stuccature di fondotinta, le spalmate di ombretto in crema azzurro fino all' attaccatura dei capelli e tanta matita nera che nemmeno i panda).




Smettono di credere troppo presto a Babbonatale, quando perdono un dente vanno direttamente a prendere i 5 euro dal portafogli della fatina, Barbie ormai ha sempre più il naso della Marcuzzi e gli zigomi della Perietti, al punto che persino l' antagonista Bratz è diventata più chic ed elegante. Del monopoli è uscita la versione Bilionere, I libri per bambini ormai sono cose da adulti, con illustratori famosi che propongono fate dall' allure gotica ed eterea che solo un occhio maturo può apprezzare. Oggi se il principe non cavalca a torso nudo con un six pack da paura, se la strega cattiva non ha le estantion flou e le unghie ricostruite, non se li fila nessuno. Se la principessa non se la tira un po' e non si fa un sacco di paturnie prima di accettare la proposta del pretendente bello e dannato, è una povera romantica.

E i fidanzatini virtuali, e quelli veri con tempeste ormonali precoci, e la sete di esperienze di cose da grandi...ma oh! A 14 anni si fa merenda in cucina con la crostata preparata dalla mamma e l caffè latte, mica ti fai offrire un caipirosca al lounge bar! La dieta non si comincia a 7 anni quando la pancina tonda è un elemento tipico dell' età, a 8 anni l'addome scolpito fa abbastanza ridere, e fare la sexy in chat a 16 anni fa pensare più ad una precoce e solitaria mezza età piuttosto che a una Lolita dal fascino peccaminoso.

Rivoglio il bimbo Kinder con le sue lentiggini, voglio bambine come quelle della Colò in aereo,con i capelli arruffati e l'incapacità di formulare il pensiero "mamma voglio la stiratura permanente". I bimbi del Mio che giocano a principe e principessa. Non le piccole donne delle campagne pubblicitarie post Pitty bimbo, non le reginette dei baby concorsi che sembrano trentenni mignon.

A.A.A. bimbi normali cercasi.

lunedì 10 dicembre 2012

TIPI DA NATALE


ECCO CI RISIAMO!!!


Arriva puntuale ogni 25 dicembre, con la sua carica di energia che contagia tutti come un batterio glitterato e lampeggiante dal quale non si scampa. Non c'è un vaccino contro il panettone (piacerebbe eh, mangiarne a kg e non ritrovarselo all'improvviso nel retro dei jeans? toccarsi il sedere e che, mannaggia dopo tutto il lavoro in palestra d' un tratto è "buttati che è morbido" come il Motta), contro le visite ai parenti che si sentono una volta l'anno( "e quest'anno ricordiamoci anche del fratello del cognato del cugino dello zio di secondo grado, quello che l'anno passato pensavamo fosse morto"), contro i regali spersonalizzati (ammettiamolo, quanti bagnoschiuma dai profumi sconosciuti all'olfatto umano, candele glitterate che ci hanno riempito la casa di porporina di quella che non ti si sacca dalle mani nemmeno se la lavi con lo scrubbing abbiamo ricevuto? quanti completi sciarpa-guanti-berretta tutti uguali ma in colori diversi abbiamo nel cassetto dell'ingresso? Utili per l' amor di Dio ma non basta una vita ormai per sfoggiarli tutti almeno una volta!), cenoni-pranzoni-aperitivoni-brunchoni con gli amici (tutte abbiamo un vestito a impero nero o un paio di morbidi e larghi pantaloni di raso con l'elastico, ideali per nascondere la forma da tacchino ripieno che segna il giro vita dopo ogni grande mangiata).


Ma questa euforia, questa festosa epidemia presenta sintomi diversi per ognuno, delineando diverse categorie:

-I FANATICI:

 sono quelli che usano risico per sistemare i parenti a tavola, quelli che ordinano in gastronomia le tartine ai gamberi un mese prima (anticipando persino la nascita dell'antipasto), che si liberano dei regali già per fine settembre, che si iscrivono dopo l' estate ad un corso di floral design per imparare la tattica perfetta per creare il centrotavola ideale, che pianificano gli incontri con amici e parenti per scongiurare eventi in contemporanea del tipo visita alla nonna nel pomeriggio, mensa dei poveri a cena, recita dei figli la sera, brindisi in disco con i colleghi di lavoro la notte. Al ponte dei morti organizzano un viaggio nelle foreste del nord Europa per andare a mettere una X rossa su quello che sarà il loro albero di Natale e lo aspettano l'8 dicembre quando una gru affittata per l' occasione aiuta a depositare nei 50 metri quadri di appartamento un alberello di 25 metri di diametro (ma nella taiga non sembrava così grande), invadendo la casa con il profumo d' abete (i cui aghi a causa del riscaldamento, cominceranno nel giro di una settimana a cadere stecchiti, costringendo a continue incursioni in soggiorno armati di scopa elettrica fino alla befana, quando solo gli addobbi adorneranno i rami secchi di un albero sempre più simile alla trisavola ingioiellata). Da fine ottobre, ogni momento libero è ideale per sfornare biscotti da congelare in attesa di diventare dono per amici e parenti, (e a un certo punto in casa ci sono solo quelli, e la famiglia si trasforma in omini di pan di zenzero a furia di mangiare frollini, puntualmente troppi per diventare tutti dei presenti)



-I GRINCH:

 quelli che del Natale proprio non ne vogliono sapere, che vanno ai mercatini in sud Tirolo solo per far cadere le frittelle ai bambini e dire loro che Babbo Natale non esiste. Quelli che regalano omini di pan pepato senza testa, che ti offrono il panettone quando sanno che odi uvette e canditi, quelli che ti scuotono forte i pacchetti con scritto fragile, che al brindisi aprendo lo spumante prendono la mira per far saltare con il tappo il puntale dell'albero. ti rigano  i cd con le musiche natalizie, rubano le collette raccolte dai cantori o gli cantano sopra modificando le parole. Che arrivano con il phon quando fai un pupazzo di neve e ti mangiano tutti i cioccolatini del calendario dell' avvento.




-GLI INVASATI: 

sono quelli che addobbano casa al punto che si vede anche da Marte, che se li cerchi con Google earth si impalla l' inquadratura del satellite. Quelli che iniziato l' avvento tirano fuori maglioni con le renne e spille con Babbo Natale, che cambiano la libreria dell' mp3 per cantare tutto il mese solo canti a tema. Che fanno colazione solo con i Pan di Stelle edizione limitata stagionale, che ti inseguono con il vischio, che mandano soldi a chiunque ne chieda con le puntuali lettere strappa lacrime dei vari enti benefici. Guardano solo film monotematici in tutte le declinazioni, dai cartoni ai film per adulti. Preparano interi paesi di pan pepato e leggono ogni sera il canto di Dickens, riuscendo a commuoversi ogni volta per la metamorfosi di Scroodge. Anche a 45 anni si mettono in fila al centro commerciale per reclamare con San Nicola il pony che stanno ancora aspettando o per cercare di dare indietro il fratellino che i genitori hanno cercato di far passare per un dono migliore della bicicletta.



-GLI SPIRITUALI:

 quelli per cui il Natale non deve avere niente a che fare con il consumismo, quelli che ti fanno sentire in colpa insomma. Che devolvono in beneficenza i soldi destinati al tuo regalo mandandoti la foto della famiglia dello Zimbawe che ha ricevuto una capra a cui ha dato il tuo nome per ringraziarti, quelli che  ti invitano perché hanno cucinato la tacchina farcita e la tua macchina ha la dimensione ideal per portarla ai meno fortunati, che mettono la tredicesima nel paiolo del volontario surgelato che vestito di rosso scampana all' angolo della via. che hanno un presepe fatto dai missionari con le carte dei cioccolatini o le foglie di banano, illuminato da candele di grasso di pecora di qualche comunità rurale che, grazie a quell'ordine da 357 pezzi, ha potuto comprare tanto riso da saziare tre generazioni.  Che organizzano collette alle quali aderiamo nel tentativo di esorcizzarci dal nostro spirito troppo materialista, portandoci a casa quella orrenda composizione di fiori secchi coperti di porporina che mettiamo in bella mostra a mò di testimonianza del nostro mini gesto, più un monito contro le brutture del consumismo.



-QUELLI CHE "MA è GIà NATALE?":

 sono quelli che si svegliano all'ultimo, che hanno dimenticato di girare il calendario e che il 24 si trovano pigiati al centro commerciale a cercare il meno peggio da regalare o che spendono uno sproposito in regali così costosi che non possono non piacere, che coraggiosi si tuffano nel delirio dell'Esselunga per cercare di accaparrarsi almeno quel patè in gelatina mezzo sformato che non vuole nessuno, quei cracker chic della Cars che erano in fondo al camion e cara grazia se ce ne sono 4 non sbriciolati. Quelli che recuperano all'ultimo un albero  già addobbato a fibre ottiche che metti la spina e "dadan!" è già Natale. Che devono scrivere i numeri sui cioccolatini dei bambini perché ormai di calendari dell' avvento non ne vendono più, che hanno come ultima ed unica scelta il pandoro al limoncello da servire con il GrandSoleil a fine pasto, che inventano storie pazzesche su un Babbo Natale che d'accordo con Monti ha deciso di adattarsi al clima di austerity, e che si accorgono di avere messo tutte le cene d' auguri la stessa sera, consumando così ogni portata in case diverse.



E voi che tipi siete?

giovedì 6 dicembre 2012

LA MISTERIOSA ECO DELL'ARMADIO PIENO

E' sempre così. Per tutte. Arriva il giorno in cui si spalancano le ante dell'armadio per scoprire che "maledizione, non ho niente da mettermi". Per quanto sui ripiani siano piegati in ordine cromatico 45 cardigan, sebbene la storia del denim in tutte le sue forme faccia bella mostra di sé sulla fila di grucce lì accanto, anche se proprio la settimana prima avete bazzicato il vostro negozio preferito, la dura verità è che proprio per l'occasione X il guardaroba è totalmente sprovvisto di opzioni. Quell'abitino che vi faceva sentire una sexy valchiria pronta a conquistare il mondo fino a ieri, oggi è irrimediabilmente fuori dalla portata del vostro mood; quella giacca che avete preso ai saldi perché "un Versace a questo prezzo non lo troverò mai più", naturalmente non si abbina a niente; l'abito jolly, che la commessa vi ha rifilato come passepartout, è troppo formale per l'uscita in pizzeria, troppo poco casto per incontrare i genitori di lui, troppo poco per il matrimonio della cugina, troppo poco sexy per il cubo in discoteca, troppo provocante per andare a confessarvi. Volevate mettere delle scarpe fantastiche che avete preso perché tremendamente sensuali, che però cozzano con un guardaroba di golfini e scamiciati, o avete azzardato un colore che in negozio vi faceva sentire così originali e all'avanguardia, che il solo abbinamento possibile è la pelle nuda e tanto mascara.
La prima soluzione è precipitarsi nell'armadio della mamma o nel baule della nonna, per scoprire che il vintage espresso è perfetto solo per giocare alle signore al tè delle 5 o per una serata a tema "Come eravamo". Allora la traiettoria si sposta verso il guardaroba della sorella o dell'amica, per scoprire che i pezzi che saccheggiate di solito sono a lavare, sono finiti nel cassone della Caritas (forse perché lei era stufa di uscire con la copia di sé stessa), o peggio, sono diventati il vostro look da uscita, al punto che se riguardate le foto dei party precedenti, sembrate inserite con il copia incolla.
Allora si fanno due conti, si mette insieme un budget decente per non intaccare il fondo delle emergenze sotto il materasso e al contempo non obbligarvi a scegliere tra capetti insulsi (che vi farebbero rimanere al punto di partenza), piuttosto che l'ennesimo outlet (in cui incappereste nella trappola "troppo a buon prezzo per lasciarlo lì", tornando con quei capi destrutturati, tagliati al vivo, taglia unica, unisex, evergreen, che aspetteranno in eterno l'occasione adatta che, fidatevi, non arriverà mai), e via verso nuove avventure.
Attenzione. A mio modesto parere, niente è meglio dello shopping in solitaria. Bella la favola alla "Sex and the City", dove le amiche glam fanno shopping di gruppo tra un Cosmo e l'altro. Ma parliamoci chiaro: abbiamo, noi e le nostre amiche, un budget illimitato, un fisico scultoreo e la possibilità di entrare in Rinascente per affidarci a Christian (Dior), Giorgio (Armani), Stefano e Domenico (Dolce e Gabbana), consce che quei capi  siano oggettivamente in  grado di farci sembrare uscite da Vogue? La percentuale di mani alzate davanti allo schermo mi sembra scarsina.
L'amica crede di conoscervi, si immedesima in voi e vi porta al camerino le proposte più incoerenti: se lei si ritiene più glam di voi, tenderà a scegliervi capi o basici (perché pensa non siate pronte per la paillette e il pantalone a zampa), o dannatamente estrosi per cercare di convertirvi ("il marabù mandarino è davvero un pezzo night and day, passando per incombenze come il supermercato"). Se ha un look tradizionale, vi proporrà l'outfit della nonna Carolina, lodandone la praticità e l'immortalità ("dalla bis trisavola a mia sorella, nessuna donna della famiglia ha mai smesso di dare il giusto peso allo scamiciatino fiorato e ai gemelli con bottoncini madreperlati. E tutte abbiamo trovato l' uomo della vita, sforniamo torte e bambini e guidiamo un mini van. E il mocassino marrone è un must have assoluto, comodo ed elegante").
Se vi trascinate dietro lui, state pur certe che lo troverete sempre più svaccato sulla poltroncina fuori dal camerino, intento a escogitare le lusinghe e i complimenti più convincenti ed adulanti per porre fine alla vostra spola da un lato all'altro di una boutique immancabilmente (ai vostri occhi di cliente frustrata) sguarnita e datata.
Se poi ci andate con un parente, che vi ha visto crescere e vi ha cresciute e quindi tende a pensare che il suo gusto personale faccia parte del corredo gentico, rischierete di tornare a casa come la zia Maria, che avrete accontentato per zittirne il continuo "ah, come mi ricordi quando ero giovane!"
Affidarvi alle cure della commessa può essere un'idea, ma osservatela attentamente prima. Se non ha una divisa, assicuratevi vi piaccia il suo look, se è presa e stressata, cercherà di liberarsi al più presto di voi rifilandovi la prima cosa la cui zip sale in un colpo solo. Se vi accoglie con eccessivo entusiasmo e loda anche quei pantaloni a vita alta con le pinces che vi fanno sembrare uscita dal casting per "Yentol", allora il suo giudizio non è oggettivo, se è troppo più bella e tirata di voi, aggraziata e leggera su quei tacchi sottili che indossa da 18 ore filate, lascite perdere, non vi piacerà nulla di quello che vi porterà, anche se perfetto per voi.
Lo shopping è un'arte, e come tale parte dall'ispirazione. Se lo pianificate troppo, state pur certe che non otterrete i risultati sperati; se uscite troppo mirate, puntualmente non troverete la taglia, il colore o il taglio che volevate. Siate di mentalità elastica e critiche con voi stesse. Più che sul capo come oggetto, concentratevi sull'abito come veicolo di emozioni: "come voglio sentirmi? che impressione voglio dare?". Fare un censimento di scarpe e soprabiti per non acquistare un capo che non sareste in grado di abbinare. Ma soprattutto vivete l' esperienza come un piacere e non un dovere.
E ora scusatemi, ma è arrivata Elle e io, guarda caso, non ho niente da mettermi.

venerdì 30 novembre 2012

PRELIMINARI A TAVOLA






Quando si conosce una persona, si sa che la prima impressione è quella che conta. Ma non basta solo il modo in cui ci si presenta la prima volta, non è sufficiente il look del primo scambio di stretta di mano, la parlata sciolta, il linguaggio del corpo. La prima uscita per mangiare qualcosa gioca un ruolo davvero incisivo. Il cibo è convivialità, è condivisione, un pasto è il momento ideale per prendersi una pausa dal tran tran e concentrarsi sulla persona che abbiamo davanti, senza far sembrare la cosa un interrogatorio. Se tra i due non ci fosse una tavola con del cibo sopra, sarebbe uno speed date: lui, lei e il campanello per la fuga. Certo, a volte la durata del pasto risulta un protrarsi dell'agonia, la conversazione sul meteo sguazza nel puccio dell'arrosto, nell'attesa del caffè da ingollare al volo e del conto che, a quel punto, non importa chi paga, basta andare. Altre volte invece si può benedire la dislessia del cameriere che vi porta per due volte quello che non avete ordinato, ringraziate che l'altro abbia chiesto il risotto alla milanese o la balena al sale che necessita di 3 orette di cottura.
Ma ricordiamo che siamo alla prima uscita, quindi la cornice gioca ancora un ruolo fondamentale, la scelta del dove è cruciale.
Il "fai tu, per me è indifferente", è la frase più falsa che esista. L'altro potrebbe decidere di portarvi nel ristorante solito, dove lo conoscono dall'infanzia. E allora non vale, è come giocare in casa. Ci si sente subito sotto esame, sai che chi prende l'ordine se la ride sotto i baffi e andrà in cucina a spettegolare. Così vi troverete a portare alle labbra ogni boccone con uno strano formicolio al coppino, perché dall'oblò della cucina tutto lo staff starà osservando la scena. E se l'uscita andrà male, avrete la certezza di essere protagonista delle storielle successive del tipo "ti ricordi quella che hai portato quella volta... ah, ma io l'ho capito dal risucchio del bucatino che non faceva per te". O magari, peggio, siete sedute al tavolo delle ex, perché quel luogo familiare è dove lui sfoggia le nuove conquiste. "Anche lei la pizza senza mozzarella? Ma com'è che mi porti tutte ragazze a dieta?"-"La casoela, signorina? Ah, vedo che hai abbandonato il tipo snob per uno più rustico, eh?"
Il ristorante etnico è un'altra scelta pericolosa."Scusa ma a chi non piace la cucina nepalese?" E davanti  un incomprensibile menù, vi troverete in balìa della "scelta dell'esperto" che vi farà arrivare un riso in brodo di razza da mangiare con le bacchette. E mentre voi studiate la tecnica migliore per creare una sorta di tzunami che rovesci elegantemente il liquido bollente nella vostra bocca, nel modo più disinvolto possibile, lui avrà già finito e aspetterà che vi siate resa sufficientemente ridicola per dirvi che in realtà il cameriere stava arrivando con il cucchiaio.
Il bistrò-taverna è una scelta fintamente alla mano, perché al tagliere di affettati e formaggi precede una interminabile lista di vini, che lui ha appena finito di studiare al corso via internet di sommelier. E mentre si dilunga nella spiegazione di note e bouquet, e il cameriere che conosce la cantina a menadito soffrigge lentamente desideroso di intervenire, voi ringraziate che la portata sia di cibo che non si raffredda e che alla fine magari rischiate pure di degustare accompagnato da un vino liquoroso, voi che avreste scelto un barolo o un frascati o che magari, quando lui se ne esce con la travagliata proposta, confessate di essere astemie.
Il regionale della provenienza dell'invitato per fargli un favore? Non è detto che un piemontese straveda per la bagnacauda, che un valdostano vada in visibilio per la fonduta o che un milanese si conquisti con una composizione di rostin negàa. Io, "se te me portet a mangià la casoela o la polenta cont l'oss buss perché te se de Milan", stretta di mano e ciao.
Il fast food. E qui poco da dire. Perché mi ha portato in un fast food? Perché il pasto è fast in caso di serata noiosa? Perché non vuole fare un investimento su un eventuale rapporto futuro? Per vedere se sono abbastanza alla mano? Perché è un eterno bambino che non ha educato il palato a qualcosa di diverso da pastasciutta e cotoletta con patatine? Perché vuole che mi ricordi di lui ogni volta che indosserò questo maglione, da cui non leverò mai più l'odor di fritto? (devo continuare?)
Il ristorante monotematico. No , non si fa, è oltremodo scorretto e rischia di far passare l'altro per un partner difficile da accontentare, per uno snob o uno spitinfio."Ho prenotato in churrasqueria-ma io sono vegetariana","allora giro pizza- sono celiaca","Ai 23 risotti?-sto facendo la Dukan","La casa della salamella e della porchetta-sono musulmana".
E non cercate di fare colpo con la nouvelle cuisine o la molecolare. Non solo risulterete noiosi, ma ci lascerete lo stipendio su quella "sinfonia di finferlo con apostrofo al prezzemolo" o sulla "poesia d'ostrica con perla di limone". Non è nemmeno afrodisiaca come dicono, a meno che non abbiate mangiato prima. Allora, e solo allora, avreste la forza necessaria ad arrivare in seconda base.
Alla fine meglio un locale anche che avete già provato, ma dove non siete di casa, almeno la prima volta; dove il menu preveda di tutto e che non richieda un look né tiratissimo né da trattoria con la segatura per terra. Dove si prospettano tempi adatti a intavolare una conversazione completa, in cui sia concesso commettere degli errori e ci sia spazio per dire la vostra se lui o lei partono con un monologo sulla loro vita. Con prezzi adeguati ad una prima uscita (non troppo bassi altrimenti fate la figura dei cheappettoni, non troppo alti o fate la figura del ganassa).


lunedì 26 novembre 2012

IL CIOCCO-LATO DELLE DONNE



Non fa discriminazione di razza, età, fascia di reddito, orientamento politico, taglia di vestiario. C'è chi lo ammette apertamente, chi invece preferisce mantener una certa riservatezza. E' un qualcosa che rende ogni donna uguale alle altre, che lo vogliamo o meno. Di cosa sto parlando?Ma del cioccolato naturalmente.

 A ognuno il suo, bianco, al latte, con nocciole, amaro a diverse percentuali. E' un piacere proibito o una ricompensa, una consolazione e un anti depressivo. Non possiamo vivere senza, nemmeno quando siamo a dieta. Sarà per questo che sono stati spesi milioni nella ricerca nutrizionale per trovare una valida scusa per sdoganare un quadretto di cioccolato al giorno. E' una peccaminosa leccornia che abbiamo conosciuto la prima volta da bambine, magari quando, ancora sdentatine, la mamma ci ha allungato la ciotola della mousse di cioccolato da piluccare con il cucchiaio di legno.


 E quello è stato l'inzio della fine. L' impegno scolastico raddoppia se menzionato un quadretto di golosa ricompensa. Si prova il vero piacere di intingere il dito nel barattolo della Nutella, che è molto più buona così che generosamente spalmata sul pane casereccio(che è talmente tira e molla che con lo strappo del morso di trovi al crema di nocciole fino all'attaccatura dei capelli),  Qunado poi si scopre la Pasqua con le sue uova dal contenuto sempre deludente, ecco che la festa più importante del calendario religioso diventa anche il culto del "dio cacao".


 La goduria, da piccole (ma anche da grandi in sbeata solitudine) di impiastricciarci con le grosse schegge dell'uovo di cioccolato, fino all' età matura, in cui il numero delle uova diminuisce in favore di un investimento in un cioccolato pericolosamente di ottima qualità, tipo il Lint dall' irresistibile scioglievolezza, che ci fa domandare se davvero servano a qualcuno le ricette che escono sulle riviste i giorni successivi, su come riciclare gli avanzi (quali avanzi?). Anche perché diciamocelo: il budino al cioccolato? Ottimo. La mousse? Afrodisiaco finale per una cena a due. La crostata al cioccolato? Gustosa per accompagnare il cappuccino a colazione. Ma vuoi mettere il piacere del sonoro "TACK!" del pezzo di cioccolato puro in tavoletta? Il sensuale spogliare la pralina del suo abito da sera in lamè per portarne alla luce le curve sinuose e sentire lo spandersi del dolce profumo.


 Quale delizia, una domenica pomeriggio quando viene buio presto, con la pioggia che invidiosa fa scivolare le dita sui vetri del soggiorno, accoccolarsi sul divano e aprire la scatola dei cioccolatini elegantemente in vista sul basso tavolino davanti a voi. Come aprendo un cofanetto di gioielleria, le piccole meraviglie di cacao luccicano tentatrici, e la lingua già sente il piacevole avvolgersi intorno alla nota geometria del cioccolatino, da stringere in uno scioglievole abbraccio.
Ma c'è anche chi, invece, vive per il piacere di far schioccare la tavoletta tenuta rigorosamente in frigo, sentire sotto i denti il sapore che via via si rianima dopo il congelamento.


Compagno di letture e confidenze, risposta alle delusioni amorose e alla mancanza di affetto, il cioccolato ha il potere di calmare e appagare, di eccitare e mandare in estasi. Avete presente il film "Abbasso l'amore"? Con cosa venivano sostituiti gli uomini? Con il cioccolato.


 Non che io creda in questa possibilità sul lungo periodo, però il cioccolato e la relazione che si instaura con esso ha dei tratti in comune con una relazione vera. Pretendiamo di non poter vivere senza di lui sentendoci impazzire quando realizziamo che se n'è andato davvero e siamo state noi a buttarlo fuori, lo amiamo ma ci disperiamo quando ne abusiamo e il nostro amore ci si ritorce contro. Ci fa ridere e ci fa piangere, ci fa sentire padrone della situazione per poi scoprirci succubi e piacevolmente dipendenti. Ci soccorre nei momenti del bisogno e ci coccola dopo una giornata stressante. Sembra non debba mai finire, ma una mattina ci sveglaimo e ci tocca uscire a cercarne uno nuovo. Ci fa sentire sexy e ci fa venire voglia di osare, stimola la fantasia e ci fa sperimentare sensazioni che non credevamo possibili.
E alla fine vince sempre lui, perché la vita senza sarebbe una tristezza, perché ce n'è per tutti i gusti, perché è anche semplicemente bello da guardare, da toccare, da pensare.
E' infanzia candida e lussuria sfrenata,  malizia e innocenza, semplicità o lusso decadente.
Toglietemi tutto, ma non ....


venerdì 23 novembre 2012

CAFFETTINO?





La pausa caffè è una di quelle italianissime invenzioni di cui non possiamo non andare fieri. E' veramente un qualcosa di imprescindibile all'interno della giornata. E' talmente parte della nostra cultura che, sebbene il compagno di corso-il collega-l'amico con cui vogliamo condividere l'attimo di sublime sospensione temporale, ci abbia detto circa 15000 volte che lui-lei il caffè non lo beve, la domanda "caffettino?" sale alle labbra comunque incontrollata.
Qualcuno starà pensando: "e gli americani allora? Tra Starbucks e tutte le caraffe di caffè sempre pronte che vediamo nei film, vuoi dirmi che loro questo culto della caffeina non ce l hanno?". La risposta è no. Gli americani sono caffeinomani, non conoscono l'arte della tazzina. Sgargarozzano litri di corroborante brodazza bollente, o fanno le pozioni come i bambini arricchendo il liquido di base con spruzzate di caramello, panna, latte condensato, aromi dalla zucca al cardamomo, dense nuvole di crema di latte e chips di cioccolato etc... ma non è più caffè, è un dessert liquido, qualcosa di tremendamente ricco, simile ai mix iper calorici che si portano dietro i volontari di Emergency e gli scalatori dell'
Everest. Alla base del percorso di salita del K2 c'è uno Starbucks, non lo sapevate? E' sponsor ufficiale del giro del mondo in motociclo e della traversata del Pacifico. Certo, qualcuno anche dopo un litrozzo da 3000 kcal schiatta a metà tragitto con il fegato che urla vendetta, ma mica per colpa del mocha-ciocco-vanilla-cream-dulce de leche-cinnamon coffee sia chiaro.
E poi, quei bicchieroni di carta con il coperchio, una vera sfida, una minaccia. Nascondono l'arrivo in bocca di un sorso da 120 gradi centigradi di temperatura, che se ti fermi per un caffè appena sbarcato in un qualunque aeroporto degli States, sai che quell'ustione pruriginosa al centro della lingua te la porterai dietro tutta la vacanza.
Ma torniamo a noi. A Milano ,come tutto, anche il caffettino è una cosa espressa e rapida, soprattutto se rischia di interrompere il tran tran quotidiano più di due volte nella tabella di marcia lavorativa. Cosa diversa al sud, dove il caffè si prende con somma calma e diventa un rituale che necessita di circa 45 minuti di metabolizzazione.
E ognuno vive la tazzina a modo suo. Il primo caffè della giornata è senza dubbio il più godereccio, quello a cui si possono concedere una sfogliata a una rivista (dalla cui copertina sono già stati individuati i titoli da concentrare nei 4 sorsetti di espresso) piuttosto che alla Gazzetta (da consultarsi con aria da "non ho tempo per un confronto sportivo", onde evitare che il tifoso avversario di turno vi faccia andare di traverso quanto state bevendo, sottolineando come, se i vostri hanno vinto, sia stata una ladrata e, se han perso, un finale prevedibile. Mai riceverete un complimento sportivo con la Gazzetta in mano.)
La pausa caffè è poi un bellissimo momento di confronto. Appena arrivati in ufficio o a scuola l'amica di turno vi trascinerà alla macchinetta, soprattutto se è lunedì, e vi rovescerà addosso più notizie di quante il vostro cervello ancora intorpidito dal sonno potrà registrare. E prima di selezionare la quantità di zucchero, cercate di cogliere il tono delle confidenze: una o due tacche basteranno se lei allungherà di lacrime il suo caffè lagnandosi della sua vita grama e del fidanzato assente, e allora voi vostro malgrado cambierete prospettiva su quel collant smagliato appena uscite di casa, e sul fatto che anche ieri sera lui vi abbia obbligate all'ennesimo film di Steven Seagal. Se invece attacca a raccontare dello strepitoso week end con festa vip e notti a luci rosse, facendo scemare la gioia che provavate la sera innanzi, quando siete state le prime del forum Face Book di Fox Crime a risolvere il caso di CSI, beh allora tenete premuto il tasto dello zucchero finchè non vi verrà il diabete.
La tazzina è alleata in caso di riunioni e lezioni noiose, in dose massiccia ha un effetto botox molto utile per fissare sul volto un'espressione di fissa attenzione, permettendo al vostro subconscio, su di giri per la magica combinazione di caffeina e zucchero, di schizzare da una parte all'altra del vostro cervello, come quei bambini che mangiano la cioccolata dopo le 17. Il vostro piccolo Io interiore comincerà a correre da un archivio mentale all'altro, tirando fuori idee e progetti come solo un buon espresso sa fare.
Ultimamente il caffettino però ha perso il suo gusto democratico, andando a prendere tutta una serie di sfumature che distinguono i diversi estimatori.
Non c'è più l'universale "espresso". Ora, se chiedi "un caffè" al bar lasci spiazzato il barista che comincerà ,come nella vecchia pubblicità dell' Happy meal (ve la ricordate?), ad elencare : lungo? corto? doppio? in tazza grande? in ceramica o in vetro? con cacao? macchiato caldo?o freddo? con zucchero di canna? bianco? succo d'agave? stevia? al ginseng? shakerato? corretto? - e tu che volevi solo un caffè hai voglia di sederti in un angolo a dondolarti con le ginocchia al petto, chiedendoti perché ad un tratto anche l'unica cosa semplice della vita è diventata una risposta ad una domanda difficile.(e ormai sono anche pochissimi i posti che ricompensano lo sforzo della scelta con il chicco di caffè ricoperto o il cioccolatino accanto alla tazzina.sig!) Lo stesso alle macchinette. Ognuna ormai ha un costo diverso, prende tagli di monete diverse, dà o non dà resto, e c'è una pulsantiera progettata dagli ingegnieri della Boing, che ora che hai letto tutti i comandi è suonata la campanella e la fila dietro di te è pronta al linciaggio a suon di monetine accuratamente contate.
La vecchia moca brontolona, un po' incrostata e magari tramandata da generazioni, guarda dal fornello la meravigliosa, lucida e sexy multifunzionale macchinetta casalinga, che fa 15 latte frappuccini nel tempo che dalla caffettiera escono 2 espresso corti, e osserva con disprezzo la latta del caffè in polvere sfoggiando di rimando una parure di capsule metallizzate di tutti i colori (che alla fine uno perde il senso della scelta per aroma e compra quelle che stanno meglio con i colori dei pensili della cucina.)
E mentre George Clooney compra dei baffi posticci per richiamare il rassicurante omino Bialetti, e quest'ultimo fa un po' di addominali e cerca casa sul lago di Como per darsi un tono, noi in un modo o nell'altro ci destreggiamo tra un impegno e l'altro grazie ai super poteri datici da quelle due dita di scura pozione che tiene alto il ritmo quotidiano.

giovedì 15 novembre 2012

CASTEGN E CASTEGNATT. CALDARROSTE SOTTO LA MADONNINA

PRODOTTO D' AUTUNNO 3 - CASTAGNE



el castagnattGhe disen castegnatt impunement
a chi catta sù castegn e a chi ne vend
e la quistion in fond la interessa nient.
Forse on quajghedun el podariss imprend
che a Milan, tra i vari mestée ambulant,
gh'eren i vendidor de castegn lessàa,
pelàa o cont el guss e rostii oltertant.
Incoeu j gent... d'alter gust hin sopressàa!!


Letteralmente "IL CASTAGNAIO. Vien chiamato castagnaio impunemente chi raccoglie castagne o chi ne vende e la questione in fondo non interessa affatto. Forse qualcuno potrebbe apprendere che a Milano, tra i vari mestieri ambulanti, c'erano i venditori di castagne lessate, sgusciate o con il guscio e arrostite altrettanto. Oggi le genti... d'altri gusti sono pressate!!...

Come fa Milano d' autunno il venditore di castagne, oggi sempre più care e sempre più vendute da signori che non ricordano minimamente la figura nata nel dopoguerra e tanto cara alla memoria dei nonni. I "fironàtt" poi, quei signori che venivan in piazza Duomo da Cuneo per vendere le fila di caldarroste infilate a collane, quelli proprio sono una rarità assoluta. Il loro grido di battaglia "Gh'hemm i cuni de Cuneo!
Cinqu ghei trii numer! Trii ballett cinqu ghej! Bèi fironni!", con cui invitavano i clienti a partecipare ad una lotteria per vincere i cuni, le castagne, ormai non lo si sentirà più. E con nostalgia guardo verso la Madonnina che brilla tra gli stracci di nuvole grigio perla e armeggio con il mio scartoccio rovente, che non è più il vecchio cono di carta contenete le "caramelle degli studenti" (che oggi risparmiano se si comprano quelle vere, ma che scivolone di classe, che banalità), ma un furbissimo doppio sacchetto di carta con una tasca per le bucce. 
"Peladej! Oh i peladej! Oh bèi cotti, col saa e l'erba bonna! Cinqu ghej e mezza! E bujen!".
Dubito che il cinese con i guanti in lattice che rimesta le caldarroste imparerà mai queste parole per farmi contenta, e io maniaca dell' igene rifiuto per una volta il suo tocco guantato e sterile per cercare quelle mani nere di fumo e con i guanti senza dita alquanto consumati, che accarezzano i bruni regali d' autunno.
E le castagne sono anche ricordi di scuola, quando la maestra ne portava un cesto in classe con tutti i ricci e ci mostrava le foglie lunghe, i frutti e i semi (perché la castagna non è il frutto). E noi poi a disegnarle per bene in tutte le varanti sui Fabriano ruvidi, su cui la matita di tanti diversi toni di marrone grattava tremola...

Ecco allora tre ricette davvero facili e buonissime per portare in casa l'aroma dei marroni e il profumo di novembre.

-STRACCI DI FARINA DI CASTAGNE CON SALVIA E RICOTTA SALATA

-150g di farina di castagne
-50g di farina 0
-2 uova
-acqua tiepida qb
-sale
-ricotta dura o ricotta al forno
-salvia
-una noce di burro

Fate una fontana con le due farine(setacciate quella di castagne che tende a fare i grumi), rompete in mezzo le uova, il sale , e sbattete con la forchetta. Impastate con un cucchiaio o due di acqua tiepida e fate una palla da far riposare una mezzoretta minimo. Stendete l' impasto o con la macchinetta, o come ho fatto io con il matterello. A me piace un cicinin gnucca, quindi non è sottilissima, fate 3 mm di spessore. Tagliate a rombi e buttateli in acqua salata bollente un paio di minuti. I una padella intanto fate sciogliere il burro con la salvia. Scolate con una schiumaiola gli stracci e buttateli nella padella, grattugiate la  
ricotta un po' abbondante e allungate con un mestolo di acqua di cottura per legare bene il tutto.
servire subito .











-RISOTTO ALLE CASTAGNE

.1 cipolla bionda
-moscato
-riso carnaroli per 4 persone
-un bicchiere di moscato o mezzo di cognac
-brodo di pollo
- 250g di castagne cotte lesse
-rosmarino fresco
-parmigiano


In un tegame, fate imbiondire la cipolla con un cucchiaio d' olio, tostate il riso e le castagne e dopo un minuto circa sfumate con il vino. Aggiungete man mano il brodo di pollo con un mestolo fino a che il riso non è cotto. Al momento della mantecata con il parmigiano, aggiungete il rosmarino fresco tritato finissimo.


-CRESPELLE DI CASTAGNE CON FORMAGGIO DI CAPRA, PERE, E CIPOLLE DI TROPEA CARAMELLATE

-200g di farina di castagne
-acqua tiepida
-sale
-formaggio di capra di vostro gusto (non un caprino eccessivamente delicato però, media stagionatura sarebbe perfetto)
-una grossa cipolla di Tropea
-un cucchiaio di miele di castagno
-un cucchiaino di burro
-una pera morbida

Dopo aver setacciato la farina, allungatela, sbattendo con la frusta, con acqua tiepida fino ad ottener una pastella con cui farete delle crespelle in una padellina leggermente imburrata. Intanto in un altro padellino fate caramellare la cipolla finemente affettata con il burro e il miele e i cubetti dei pera.
Farcire le crespelle con il capra a pezzetti su cui versare le cipolle e le pere ancora roventi. Servire subito.

Le castagne sono ricche di vitamina A, B1,B2, B3, B5, B6, B9, B12, C e D. 
Ottima fonte di carboidrati, sono facilmente digeribili e consigliate in caso di anemia e inappetenza, hanno un buon apporto di fibre, e il potassio e i minerali in esse contenute le rendono un alimento idoneo per gli sportivi e per reagire ai momenti di stanchezza. Chiamato da Senofonte nel IV secolo a.C. "albero del pane", perchè un alimento in grado di sfamare i villaggi poveri durante gli inverni più rigidi, la coltura del castagno è descritta anche da Marziale nel I secolo a.C. e da Virgilio.  La castagnata ha origini antichissime, ed è sempre stato un moneto di festa e aggregazione, per celebrare questo prodotto fantastico che si può declinare in tantissime ricette, dalle più povere alle più elaborate.





domenica 11 novembre 2012

QUANDO SUPERMAN TORNA A CASA



Padri, fratelli, fidanzati, mariti, amici. Alla fine li si trova tutti sotto la voce "-uomo". Li amiamo, non possiamo vivere senza di loro, se non li avessimo a portata dovremmo rinunciare ad aprire i barattoli di sottaceti, quando si fulminano tutte le lampadine di casa cominceremmo la moda vittoriana dell'illuminazione con candele (molto eco tra l' altro), e le nostre giornate sarebbero tremendamente noiose. C'è qualcosa di meglio del lamentarci dei loro adorabili difetti, che li rendono così speciali e allo stesso temo tutti uguali? Ma facciamo una lista e vediamo chi non ritrova almeno un conoscente in queste osservazioni e studio dell' altro sesso.

-"L'HANDY-MAN": ogni uomo che si metta a guardare per più di due ore al giorno programmi come "L'aggiusta tutto a domicilio", "Flip that house", "Ristrutturo e ci guadagno"  (e non ci spalleggiamo nemmeno tra donne visti i danni provocati da Barbara di "Paint your life") etc...è improvvisamente colpito dal virus del "ghe pensi mi". Ecco che, la prima domenica libera, viene riesumata una bellissima cassetta per gli attrezzi nuova di pacca, con i cacciaviti da quello per gli occhiali a quello per sbullonare un ponte, che lucidi e ammiccanti incitano a smontare tutte le plafoniere di casa per ripulirle, ad attaccare ogni griglietta, filtro, lampadina, cassetta elettrica. Mettono le mani in posti di cui nemmeno immaginavi l' esistenza in casa. Il tutto intervallato da gite al LE ROI MERLYN o CASTORAMA, dove "briko-man" si aggira con aria saputa tra gli scaffali del paradiso del fai da te, meditando se non sia il caso per questi faticosi week end, di acquistare una salopette con cinturone porta attrezzi. E magari ,visto che di abbigliamento si tratta, decidendo di farvi una sorpresa con completino coordinato: "Eppure ti piacevano molto Patrick Swaisy e Demi Moore in Ghost quando ristrutturano casa". Poi torna a casa e comincia.....a chiedere aiuto. Inizia un lavoro e poi "amore mi tieni la scala? posso avere uno scotte? tieni tu questo altrimenti mi sporco". E non appena si schiaccia un dito è la fine..un urlo primordiale si leva dal garage e tutto viene piantato lì, mentre l' eroe di guerra con il dito incerottato torna (piegato ma non spezzato) sul divano a vedere alla tv cos'ha sbagliato. AVVISO: Non mostrategli mai attrezzi affascinanti come l 'ido pulitrice. Mio padre ha passato 12 ore in giardino a pulire marmetti con mia madre spettatrice obbligata perchè ....mah,per gloria maschile?


-"IL RICHIAMO": non importa che tu stia girando una crèpe o che stia operando a cuore aperto o che stia mettendo le ultime due carte incima al castello. Se l'uomo chiama devi correre. E non saprai mai perchè ti chiama finchè non arrivi trafelata sul posto."Caaaaaamyyyyyyyyy!" e lasci tutto e corri per vedere se sta morendo o se ha vinto alla lotteria nazionale....e invece è una candit camera di 12 secondi che lui reputava imperdibile, un concorrente di "mai dire banzaj" che cade e si fa malissimo, per vedere se cintura e scarpe sono coordinate (certe mattina ho fatto corse dal piano di sopra con lo spazzolino in bocca per vedere se era in ordine per uscire), perchè ha sete......e poi la cosa migliore. Il richiamo di "è pronto" o "inizia un film". Perchè quando LUI è in orario e pronto non accetta ritardi..."papà ti ho sentito, finisco e arrivo"...no, non basta, ogni trenta secondi: "allora ci sei?"..."ho detto che arrivo, sto finendo una cosa che non posso lasciare"-"ma il film inizia!"-"ok ma non posso venire subito"-"e perchè hai iniziato a fare qualcosa a 20 minuti dal film?se ti perdi l inizio non te lo racconto"....
Quando LUI chiama tu corri.


-"STO MALE": "ciao come hai dormito?"o"ciao come stai?" sono domande che non si fanno a cuor leggero. Mai. La risposta è quasi sempre "male", in tutte le sue gradazioni. "come stai?"-"mah insomma,non mi sento bene,sto male". E lo sto male va da "sento che ho in corso un'emorragia celebrale" a "mi sono tagliato con la posta". Sto male. Cosa vuol dire sto male? E poi quando non digeriscono perché siete usciti e anche se gli hai detto che se dopo 35 volte, la 36esima in cui ordina il calzone ai 26 formaggi non la farà franca, lui ti ha guardato con aria di sfida e l'ha ordinato con un ventisettesimo formaggio. E se poi scopre che gli abbiamo preparato anche solo una settimana prima un cibo che non è del solito marchio, o che ha cambiato confezione, o che è integrale o che è bio o che non è stato comprato al solito supermercato, ecco che chessò,sul raviolo esselunga ricotta e spinaci si riversano le colpe di notti di agonia.


E gli odori? "qui c'è odore di cucina". Ma va'? è la cucina! Se dici che hai nostalgia del cavolfiore gratinato come lo faceva mamma (che tanto cosa provate a fare, nemmeno Cracco lo farebbe buono come mammà), non posso cuocerlo con un arbre magique a mollo nella pentola per cancellare l'odore, anche perchè poi vada eretro ogni deodorante per ambiente, ogni candela,ogni bottiglia di profumo cn i leggenti, perchè tutto attacca in gola, la gola si gonfia si irrita e lui soffoca. Oppure c'è troppa femminilità nell'aria, e l' odore di gelsomino mal si sposa con l'uomo rude. Mio papà poi con gli odori è formidabile: "qualcuno in questa casa ha cambiato lo smalto, sento l' odore e ho già mal di testa io non posso mangiare qui".


-"MA ABITI QUI?": quando un uomo si trova a restare tra le mura domestiche un tempo superiore a quello che gli ci vuole per carburare e aprire veramente gli occhi, allora ecco che vive un momento di assoluta estasi e stupore infantile. Apre i cassetti meravigliandosi del loro contenuto, vede per la prima volta le tende che avete cambiato due anni or sono e che in realtà meditate già di sostituire. Si sente spaesato e ve lo fa capire con la domanda "amore, dove trovo il pane a fette?""tesoro, prova nel mobiletto sotto il lavandino, ho sentito che si conserva meglio". " Ho aperto il cassetto delle calze. Non ci sono quelle blu"- beh certo, se non sei uno scanner a raggi x, due secondi sono insufficienti a localizzare l'obbiettivo.

Sono giunta alla conclusione che i nostri uomini siano talmente presi dalla parte dell' eroe, della roccia, del salvatore delle situazioni fuori di casa, che non appena rientrano nella dimensione domestica, non appena si rilassano e allentano la tensione BAM! ci passano mantello e tutina e diventano loro quelli da accudire. Dopo tutto si sa, dietro un grande uomo c'è sempre una grande donna.